Questa mattina è stato l’ultimo giorno di terapia foniatrica, intrapresa a fronte di numerose “perdite di voce”. Mezzora, due giorni a settimana dedicata a me stessa. Respirare, rilassarsi, e staccare col mondo. Ebbene questo non è stato mai possibile. Con questa situazione mentale (e fisica) che dura ormai da quasi 9 mesi non sono mai riuscita a lasciare tutto fuori.
Così ho detto basta. Non senza dolore.
Stasera cena al presidio per salutare Ciccio che va via. Torna nella sua terra perché qui non ha più un lavoro. E’ sospeso. Forse in attesa di Cassa integrazione (forse perché le lettere non sono ancora arrivate, ndr).
C’era gioia in quel banchetto ma poi è finito il cibo. Il vino. E allora gli sguardi sono cambiati.
Da qualcuno è arrivata la proposta tanto “attesa” e tanto “scongiurata”: lasciare il presidio. Un colpo allo stomaco. Anche se io l’ho lasciato in modo assiduo ormai da un po’, mi rendo conto che è ancora un punto di riferimento.
Qualcuno ha detto “abbiamo perso”. Vi assicuro che abbiamo lottato come leoni, contro tutto e tutti. Una forza più grande di noi era il nostro avversario: la disonestà.
Abbiamo sbagliato sicuramente in qualcosa. Abbiamo dato fiducia e ci hanno ripagato togliendoci la dignità.
Abbiamo perso. Oppure non abbiamo vinto dice il saggio.
Ma abbiamo lottato. Chi non lo ha fatto, non lo ha mai fatto, e quel 28 di ottobre ha solo criticato e ora è in sospensione, come si sentirà. Io non c’ero quando quella mattina si è deciso di occupare. L’emozione, mi hanno detto, è stata fortissima.
Quando una mattina gli ultimi si chiuderanno la porta dietro di loro vorrei esserci.
Ma sarà dura elaborare il lutto.
giusto per curiosità… ma chi sarebbe “ciccio” ?
per il lutto, l’unico rimedio è cominciare una nuova “vita” professionale, in un modo o in un altro, io se non fossi riuscito ad andare via (una decina di giorni prima dell’occupazione) avrei fatto così, non avrei mai potuto essere della partita, anche perchè come monoreddito in qualche modo si deve pur tirare a campare…
anche io credo che in pratica si sia lottato contro i mulini a vento, anche perchè i tempi della giustizia “corti o lunghi” sono sempre dalla parte dei malfattori, e anche perchè i presunti “politici” che si sono visti erano anche loro inermi di fronte a questo sistema e/o interessati ai voti…
Non avete perso. No, non puoi dire questo. Avete lottato contro forze che non potevate soverchiare, avete fatto sentire la vostra voce, avete dimostrato quanto siete attaccati al vostro lavoro, avete fatto vedere che siete persone che hanno i coglioni (scusa il francesismo) di opporsi a tutta questa valanga di m..fango che ci sta sommergendo tutti piano piano.
Certo, non ce l’avete fatta a riavere i vostri posti di lavoro e questo è grave, ma non è una vostra colpa, le colpe sono di altri. Ne uscite con le ossa rotte, ma ne dovete uscire fieri… fieri di aver lottato, fieri di aver dato un segno forte. Non è una sconfitta questa. No, proprio no.
Ora dovete ricominciare, questo è l’unico modo per elaborare il lutto. Ricominciare partendo anche dalla forza che vi deve venire da questa (dis)avventura.
Come tutti i lutti c’è un tempo per il pianto, c’è un tempo per il dolore, c’è un tempo per la stanchezza, c’è un tempo per capire chi si è e cosa vi vuole fare, c’è un tempo per risollervarsi, c’è un tempo per curare le ferite, c’è un tempo che non aspetta tempo e allora ci si alza e si riparte.
Un abbraccio
@dancerjude: mi dispiace se hai capito che abbiamo lottato inutilmente. Non era mia intenzione far trapelare questo dal post. Forse l’ora tarda mi ha fatto essere troppo emotiva. Non abbiamo avuto tutti i risultati che volevamo. Ma già aver fatto emergere i fatti è una gran cosa.
@Francesco: che dire mi hai fatto piangere e oggi al tribunale ho fatto leggere ai miei amici “lottatori” il tuo commento con orgoglio. Perché quello che hai scritto ci da la conferma che ciò che abbiamo fatto in questi mesi è la strada giusta. Poi non si vive di sole vittorie.
Sono d’accordo con te e con Ruben: elaborare il lutto è ricominciare.
Un paio di settimane fa, tornando dal lavoro, sono stata fermata lungo la strada da un gruppo di lavoratori, per ora in cassa integrazione, ma futuri disoccupati, grazie alla ditta per cui lavorano che ha delocalizzato all’estero. Per far conoscere la loro situazione avevano preparato dei volantini che distribuivano, appunto a tutti gli automobilisti di passaggio. In quel momento la crisi l’ho vista nei loro occhi, l’ho toccata con mano mentre prima ne avevo sentito soltanto parlare. Da allora ogni giorno passo davanti al presidio che hanno allestito all’esterno della ditta e mi sento fortunata, per questo, come ho detto a loro col groppo in gola, lo dico anche a te e a tutti i tuoi colleghi “avete tutta la mia solidarietà”, anche se non vi serve per mangiare a fine mese nè vi paga le bollette, però ecco, un’abbraccio ve lo mando col cuore, per dirvi che non avete perso, perchè non avete abbassato la testa nè perso la vostra dignità di persone. FORZA! BUONA FORTUNA!