Qualche giorno fa cercando delle informazioni sul sito de La Leche League mi sono imbattuta in questo paragrafo:
I vantaggi biologici del sonno condiviso
McKenna prosegue raccomandandoci di creare degli ambienti di sonno sicuri per i nostri bambini. I bambini possono soffocare, ma non è facile riuscirci: le ricerche dimostrano la capacità del neonato di proteggere la bocca e le narici dall’occlusione. Nel suo laboratorio di ricerca sul sonno, il dottor McKenna e i suoi collaboratori hanno avuto difficoltà ad applicare del cellophane (pellicola) e cotone sul viso di un neonato, perché lui si è difeso in maniera vigorosa. Hanno provato a mettere del cellophane sul suo viso per 20 secondi e poi hanno tentato di infilare del cotone nelle sue narici e ci sono volute due persone per tenerlo fermo perché tentava selvaggiamente di difendere la zona nasale. È una dimostrazione del fatto che i neonati sono strutturati per proteggersi in situazioni di condivisione di sonno, afferma McKenna: è così che hanno vissuto attraverso l’evoluzione, ed è così che vivono in gran parte del mondo.
Me lo aveva dimostrato anche Edoardo che da qualche giorno ha conquistato la posizione prona. La prima volta l’ho trovato che annaspava come un “bacarozzo” e mamma lo ha salvato. Al secondo tentativo è scoppiato in un urlo pazzesco. Poi finalmente ha capito come funziona passare da una posizione ad un altra e non si spaventa più.
Sia l’articolo che l’esperienza, decisamente meno cruenta, vissuta da Edoardo, mi hanno consolato molto: tutte le mamme penso hanno sentito parlare della SIDS (Sudden Infant Death Syndrome) e hanno il terrore che il proprio figlio possa soffocare nel sonno. Ma poi ho anche fatto una considerazione: che fine ha fatto il bambino dell’esperimento?
Mi hai preceduta nel pensiero! Chi presterebbe il proprio figlio per un esperimento del genere? Io no di sicuro!
Comunque credo che qualsiasi mamma sia andata a sentire se il proprio figlio respira mentre dorme!
Complimenti a Edoardo per i progressi!
Grazie! 🙂